É riconosciuta in tutto il mondo e si celebra il 3 ottobre di ogni anno.
Si tratta della Giornata Mondiale dello Stomizzato, istituita e promossa da IOA (International Ostomy Association) con l'obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone stomizzate attraverso una maggiore consapevolezza e rispetto della condizione in cui si trovano.
La vita con stomia » La vita in famiglia
Nel momento in cui si torna a casa con la stomia definitiva, se da un lato si chiude un periodo di incertezza e di sofferenze fisiche, dall'altro inizia un percorso di adattamento alla nuova condizione nel quale le difficoltà da affrontare sono di varia natura e anche di ordine psicologico.
Il cambio della sacca, che nel corso del breve addestramento ospedaliero poteva sembrare l'aspetto meno gravoso della nuova condizione, diventa improvvisamente difficoltoso: la manualità non pienamente acquisita, il senso di pudore e di imbarazzo, gli incidenti di percorsi legati alla scelta, non ancora ottimale, del dispositivo più adatto alle proprie esigenze, generano ansia e depressione.
Può succedere che si ponga il problema di una riorganizzazione di alcuni spazi comuni, come la stanza da bagno o la camera da letto, per consentire la necessaria intimità a gesti di accudimento personale che diventeranno abituali.
Non è insolito che lo stomizzato viva la sensazione, particolarmente intensa, di una perdita di controllo sulla propria esistenza. I familiari, dal canto loro, e in particolare il coniuge, attraversano momenti di notevole carico fisico ed emotivo: difficoltà legate alla organizzazione pratica della vita dello stomizzato, alle necessarie iniziali incombenze amministrative, ma soprattutto ansia e impotenza di fronte alle manifestazioni di frustrazione, rabbia o angoscia del loro caro.
Il marito può avere la tentazione di ritirarsi di fronte al problema vissuto dalla sua compagna come davanti a qualcosa per il quale si sente, a torto, impreparato. La donna può vivere con frustrazione la tendenza del coniuge ad isolarsi, a cercare momenti di solitudine e di riflessione che sembrano volerla escludere.
E' necessario che tutti in famiglia siano consapevoli del ruolo positivo che possono avere in questo periodo, ciascuno nelle forme e nei modi che più sono consoni alla sua sensibilità. Presenza affettuosa e discreta, disponibilità all'ascolto e, nello stesso tempo, capacità di condividere i propri stati d'animo con lo stomizzato, sono i modi migliori per mantenere aperto sin dai primi giorni il canale della comunicazione.
Alla ripresa della vita normale non contribuisce però solo la famiglia nel suo insieme, ma anche quella che viene definita la rete del sostegno sociale. Ogni famiglia ha un patrimonio più o meno esteso di amicizie e buone relazioni che, fin dai primi tempi del ritorno a casa, deve essere tenuto vivo, al di là del naturale riserbo.
Amici e conoscenti possono, nelle forme e nei limiti della loro famigliarità, ascoltare nei momenti di sconforto, aiutare nelle incombenze quotidiane, essere una fonte di informazioni, ma soprattutto portare il mondo esterno nella famiglia evitandole pericolose chiusure.
Rosalita Leghissa ha 47 anni, è laureata in Filosofia e in Psicologia Sociale e da alcuni anni si occupa di problemi di comunicazione in ambito medico sanitario. Ha condotto recentemente una ricerca sul vissuto delle persone stomizzate e dei loro familiari. Svolge attività di docenza nella formazione infermieristica sui temi della comunicazione con i pazienti ed i loro familiari.
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